Elizabeth Gilbert nel suo libro "Committed" va alla ricerca della storia e del significato del matrimonio.
Mentre è in viaggio in Asia, passa del tempo in un piccolo villaggio Hmong sperduto nelle montagne. Decide di intervistare le donne del posto sulla loro esperienza di matrimonio. Seduta per terra davanti a una nonna e le sue amiche nella sua casetta, le fa una serie di domande. Quando le chiede se suo marito è un buon marito, la vecchietta non capisco. Gilbert fa tradurre un'altra volta la domanda. Niente. Per loro è come chiedere se i sassi della montagna sono sassi buoni. I sassi sono. Hanno un loro ruolo. I mariti sono. Hanno un loro ruolo. Fine delle aspettative.
Per le donne Hmong la domanda è insensata perché nessuno di loro posiziona il matrimonio al centro del loro benessere emotivo. Non pretendono che i loro mariti siano il loro migliore amico, amante, protettore, consigliere, che le sappia ascoltare perfettamente, capire profondamente, desiderare sempre e comunque, amare infinitamente, sostenere, appoggiare, nutrire di tutto quello di cui le mogli possono aver bisogno.
Perché sarebbe una follia fare così. Quando ci sono così tante altre persone ad arricchire la loro vita come un marito da solo non potrebbe mai fare.
Già.