
Ho passato una settimana con mio figlio Luca in Toscana insieme a una coppia di amici e i loro tre figli. Luca si è trovato molto bene con gli altri ragazzi, soprattutto i due maschi.
Alla fine del nostro soggiorno i tre ragazzi si sono salutati in modo molto leggero e distaccato. “Ciao!” A tre metri di distanza. Zero contatto fisico.
Arrivati a casa, mio figlio è scoppiato a piangere. “Mi mancano” ha continuato a dire mentre piangeva. È andato avanti così per ore. Pianti pieni di dolore. Ho menzionato che è andato avanti per delle ore?
Poi la sera a letto mentre piangeva ha voluto anche parlarne. A lungo e in ogni dettaglio. Gli ha fatto malissimo questo saluto da “macho” fra i ragazzi senza il coraggio di esprimere i loro sentimenti. Senza dare peso a questa fine e potersi abbracciare.
Sono fiera di me di essere riuscita ad accogliere il dolore (snervante) di mio figlio. Dargli lo spazio (ore!!!) e la libertà di elaborare fino in fondo la sua tristezza. A digerirla. Smaltirla. Superarla. Per uscirne sereno.
Mi chiedo dove sarebbe finita quella tristezza nel suo piccolo corpo e nella sua giovane anima se avesse trovato le mie braccia e orecchie chiuse. “Dai, che li rivedi”. “Ora basta, smettila”. “Non è successo niente, hai passato una bella vacanza”.
Quanto spazio dai alle emozioni “snervanti”? Abbastanza per digerirle, smaltirle, superarle?